Il sito internet della Dr.ssa Licia Filingeri






IL PENTAGRAMMA DELLE EMOZIONI





Le emozioni



Seguir con gli occhi
un airone sopra il fiume e poi
ritrovarsi a volare
e sdraiarsi felice sopra l'erba ad ascoltare
un sottile dispiacere.
E di notte passare con lo sguardo la collinaper scoprire
dove il sole va a dormire.
Domandarsi perché quando cade la tristezzain fondo al cuore
come la neve non fa rumore
e guidare come un pazzo a fari spentinella notte per vedere
se poi è tanto difficile morire.E stringere le mani per fermare
qualcosa cheè dentro me
ma nella mente tua non c'è.

Uscir nella brughiera di mattinadove non si vede a un passo
per ritrovar se stesso.
Parlar del più e del meno con un pescatore
per ore e ore
per non sentir che dentro qualchecosa muore.
E ricoprir di terra una piantina verde
sperando possanascere un giorno una rosa rossa.
E prendere a pugni un uomo soloperché è stato un po' scortese
sapendo che quel che brucia non sonle offese.
E chiudere gli occhi per fermare
qualcosa cheè dentro me
ma nella mente tua non c'è.
Capire tu non puoi
tu chiamale se vuoi
emozioni


Mi piace iniziare questo breve scritto sulle emozioni condividendo con voi questo delicato ed espressivo testo di Lucio Battisti che introduce con immediatezza al mondo infinito e pieno di sfumature degli affetti.
W.R. Bíon, uno psicologo anglosassone che ha studiato a fondo le emozioni, anche perché, come ufficiale medico, ha vissuto e cercato di curare le ferrite soprattutto morali dei soldati feriti o reduci dalla Guerra, feriti nel corpo e nell’anima, spesso incapaci di riemergere da quell mondo di violenza e di morte in cui si erano trovati ad operare. Bion dice che quando due personalità si incontrano si crea una tempesta emozionale. L’espressione tempesta emozionale a mio parere è bellissima. Evoca nella mente un mare calmo che improvvisamente si gonfia, spinto in tutte le direzioni da venti impetuosi.
Quando si entra in rapporto con altri, si mettono in movimento molte emozioni, dal sentirsi completamente appagati e quasi in uno stato di estasi alla paura di essere soffocati e addirittura alla rabbia.
Provare emozioni, sentirsi emozionati, non è patologico anzi è parte integrante del nostro essere, del sentirci vivi, del progredire e crescere.

In psicanalisi si preferisce chiamarle affetti, ma si tratta esattamente della stessa cosa. Freud parla degli effetti riferendosi alla sua teoria delle pulsioni, chiarendo che si manifestano nelle pulsioni sessuali e nelle pulsioni dell'io. Semplificando al massimo, diciamo che le pulsioni sono stimoli interni che influenzano il nostro comportamento spingendoci a fare o non fare determinate cose. Delle pulsioni dell'Io (il nostro contatto col mondo esterno, attraverso percezione e coscienza) fanno parte in primis fame, sete e aggressività e qualsiasi tipo di impulso che serva a controllare il comportamento degli altri, compresi gli impulsi ad attaccare e a fuggire.
Con la teoria degli affetti, la teoria di Freud costituisce la base per tutte le interpretazioni, in particolare tra le emozioni un posto particolarmente importante hanno ansia e depressione .

Parlando di emozioni, bisogna prendere in considerazione non solo il riconoscere le emozioni in noi stessi, il che non è sempre facile come sembra, ma anche il riconoscerle negli altri.

Secondo Freud, l’espressione delle emozioni non è sempre così diretta anche riguardo a noi stessi, ma possono intervenire dei meccanismi di difesa come spostamento e trasformazione, il cui scopo principale è che gli affetti non siano presenti alla coscienza, o non immediatamente. Come possiamo però renderci conto che esistono queste emozioni, anche se non presenti alla coscienza e quindi non espresse direttamente? Ci aiutano i sogni, le associazioni libere, i lapsus, che l’analisi ci aiuta a decifrare, e tutto ciò che ha a che fare con l'espressione del corpo, specie del viso, la postura, il tono della voce. In questo caso la censura ha ceduto parzialmente e quindi queste emozioni possono riemergere piano piano alla coscienza abbandonando la rimozione. A titolo esemplificativo, prendiamo l'espressione del volto, che trasmette, spesso a nostra insaputa, molte informazioni sul nostro stato interno e anche sulle nostre intenzioni. Ci aiuta in questo la conoscenza delle sette emozioni di base che sono state individuate come segue: felicità, tristezza, rabbia, paura, sorpresa e disgusto. A ognuna di esse corrisponde a un'espressione facciale tipica, che è eguale in tutte le culture. Bisogna ricordare altresì che le espressioni del volto, come pure il tono della voce fanno parte di quello che è il linguaggio non verbale, e quindi, proprio in virtù di questo, tale linguaggio può essere compreso facilmente in tutto il mondo, a qualsiasi cultura si appartenga, qualsiasi sia il grado della nostra scolarizzazione, qualsiasi sia l'età. Infatti molte espressioni che corrispondono a queste emozioni vengono espresse e decifrate anche dai neonati. Il bambino, appena nato, possiede già modelli di espressione soprattutto facciale che corrispondono a queste emozioni di base.

Vediamole sinteticamente una per una.

La felicità
Le espressioni di felicità sono universali e si comprendono immediatamente. Si riferiscono a gioia, piacere, buona disposizione a relazionarci con gli altri. Tuttavia, come tutte queste emozioni di base, possono essere manipolate e mistificante, falsificate per gli scopi più vari. Per riconoscere se una di queste emozioni è autentica oppure simulata, ci vuole una grande esperienza, ma spesso c'è una specie di sesto senso che ci guida, perché noi mettiamo insieme vari indizi, oltre a quello che conosciamo della persona che sta esprimendo l'emozione, e quindi ci può essere possibile capire se quella persona sta esprimendo davvero quello che sente oppure lo sta simulando. Ci sono anche dei segnali di tipo fisico, di movimento di certe parti del volto che permettono di scoprire la simulazione, ma questo è possibile solo a pochissimi esperti.

La tristezza
E’ il contrario della felicità. in genere si esprime tristezza perché si manca di qualcosa, perché si è stati traditi, perché ci si sente sconfortati, si prova paura, non ci si sente aiutati e così via. In certe situazioni, in certe culture la tristezza viene nascosta per una censura di tipo sociale. Il fatto che la persona manifesti l’emozione con lacrime non è sempre segnale di tristezza:infatti si può piangere anche piangere di gioia.

La rabbia
E’ espressa spesso nella nostra società perché è conseguenza di frustrazioni e di stress, sovente con angoscia. In genere si prova rabbia se c'è una aggressione interpersonale e tramite essa si manifestano l'ostilità e anche la possibilità di un attacco. C'è stato un periodo storico in cui era disdicevole che le donne esprimessero rabbia. La rabbia, dal punto di vista sociale, è costruttiva quando è la molla che scatena gli sforzi delle persone a modellare società migliori e a reagire alle imposizioni, all'ingiustizia e alla tirannia .

La paura
Può essere conseguente a possibilità di un una catastrofe di tipo personale o sociale oppure di violenza interpersonale o anche di pericoli non personali. Una espressione di paura nell’altro ci fa capire che c'è un pericolo imminente, funziona da segnale. Nei momenti di intensa paura le funzioni cognitive funzionano male, sono bloccate e così pure l'organizzazione del comportamento. Associata alla paura, vi è l'ansia che può dar luogo a risposte corporee identiche a quelle della paura. Se la paura e l'ansia sono durevoli, si hanno delle patologie a cominciare dal fisico fino ad arrivare allo psichico.

Il disgusto
E’ un'emozione naturale quando ci si trova davanti a oggetti e situazioni nauseanti o rivoltanti; per esempio, tra i cibi un alimento andato a male con un cattivo odore, vedere degli insetti o un capello nel cibo, le feci e altri materiali che non mangeremmo mai. Anche l'olfatto ci porta al disgusto. C'è poi un disgusto morale o di fronte a vari eventi, ma non ha nulla a che fare con il disgusto per un cibo immangiabile.

La sorpresa
È difficile scorgere la sorpresa perché spesso la sua espressione dura un attimo. Ci si sente sorpresi di fronte a situazioni ed eventi improvvisi, inaspettati, nuovi o anche divertenti. Dopo l’espressione di sorpresa possono provarsi altri sentimenti come felicità oppure paura.


Anche la voce con le sue modulazioni e le sue varie tonalità indica le emozioni, oltre che le caratteristiche personali. La voce è importante per attrazione o repulsione nelle relazioni interpersonali, perché viene subito associata a delle caratteristiche personali. Le voci sono diverse a seconda che si tratti di un uomo oppure di una donna e a seconda anche delle situazioni in cui ci si trova, che possono essere amichevoli o no, di lavoro oppure amorose e via dicendo. La voce può essere modulata a volontà, e non solamente dagli attori di professione, ma da chiunque la adatti alla situazione che sta vivendo e anche al proprio interlocutore, oltre che all'argomento. Studi psicologici hanno messo in luce che bambini di tre mesi, a seconda del tipo di vocalizzazione, suscitavano reazioni diverse in chi ascoltava, soprattutto se non era conosciuto il sesso. Non mancano stereotipi, per cui a un tipo di voce viene associato un tipo di personalità o addirittura di ceto sociale, ma questo fa parte dei pregiudizi, qualcosa che dobbiamo assolutamente rifiutare.

Tornando all'espressione del viso, è una delle delle espressioni emotive che possono essere maggiormente controllate. Abbiamo visto che sono spesso simulabili,i recitate. Tuttavia, non è facile modificare l'espressione del volto per esprimere altre emozioni o per mistificare quelle che in quel momento si stanno provando, perché entrano in gioco competenze cognitive di grado elevato che vengono attivate nella corteccia cerebrale. Per fare questo, occorre conoscere le norme sociali che regolano i rapporti e i modi di esprimere le emozioni tra le persone in un dato contesto culturale e sociale, e delle attese sociali che variano a seconda delle situazioni e culture. Uno studioso importante delle espressioni sociali, che è riuscito anche a codificarle in modo tale da distinguere tra verità e bugia (questo è stato molto usato anche in campo legale, per capire se una persona accusata di qualcosa o che sta accusando qualcun altro stia dicendo la verità oppure no) è partito dalla considerazione che le espressioni simulate differiscono moltissimo da quelle naturali, perché vengono più “curate” e controllate da quella parte del cervello che regola i muscoli facciali, situata nell'emisfero cerebrale sinistro. Questo fa sì che a volte nell'espressione di queste espressioni simulate ci siano delle differenze e asimmetrie tra la metà destra e quella sinistra del viso. Tuttavia bisogna osservare che le espressioni facciali sono le più controllabili da parte nostra rispetto al tono della voce o anche alla postura. Pertanto, se noi mettiamo insieme tono di voce, postura ed espressione facciale, possiamo capire meglio se la persona che sta parlando con noi sta mistificando o anche solo cercando di mascherare l'emozione di cui è preda in quel momento.
Va però considerato che se noi non esprimiamo le emozioni o le rimuoviamo, abbiamo dei danni che si ripercuotono sul nostro fisico e anche sulla nostra psiche.





Ansia, angoscia e attacco di panico


L’attacco di panico, soprattutto per chi lo prova per la prima volta, è un’esperienza sconvolgente, non solo per la tempesta emotiva che l’accompagna, ma anche per le espressioni somatiche con cui l’angoscia si manifesta, in maniera improvvisa e assolutamente inaspettata.

Il DSM-IV-TR lo definisce “un episodio di intensa paura e di ansia che può essere accompagnato da uno o più dei seguenti sintomi: palpitazioni, sudorazione, mancanza di respiro, dolore al petto, nausea, vertigini e tremori. In generale, gli attacchi sono inaspettati e non durano più di 15 minuti.”

A volte l’attacco è accompagnato da agorafobia, che è la paura di trovarsi o attraversare luoghi aperti, come può esserlo una grande piazza.
E’ diverso dal disturbo di panico, che è caratterizzato da ansia improvvisa e intensa episodica, senza agorafobia.

Ma cosa è l’ansia? E’ un’emozione che però non coinvolge aspetti fisici, come invece avviene nel caso dell’angoscia, ma solo psichici. Si manifesta come una paura, che però non ha un oggetto specifico. Chi ne soffre, infatti, non riesce a indicare esattamente di cosa ha paura.
L’ansia è alla base di tutti sintomi psicopatologici, ma può anche essere una risposta adattiva a un pericolo reale, e allora è utile, perché ci mette in allerta così che possiamo difenderci, correre ai ripari. Ci sono però delle risposte molto ansiose, irrazionali, non adattive, in cui ci si aspetta che avvenga da un momento all’altro una catastrofe. In questo caso le ansie sono pervasive e si cronicizzano, diventano invalidanti e allora un disturbo di ansia generalizzato può essere considerato un disturbo di personalità. Quando l'ansia associata a questi vissuti di pericolo è fuori controllo, può causare un terribile senso di annichilimento.

Un’ansia molto intensa, opprimente, caratterizzata da grande apprensione di fronte a una miriade di sensazioni in gran parte fisiche, inaspettate, non legate a nulla di reale, viene allora a configurarsi come angoscia, “paura senza nome”, sensazione oscura che qualcosa di terribile sia accaduto, non che stia per accadere, come invece avviene nel panico. E’ a questo doloroso insieme di emozioni che si dà il nome di attacco di panico.


Vediamola allora meglio quest’altra emozione, l’angoscia. Cominciamo col dire che può essere conscia, cioè presente alla coscienza, oppure inconscia, che è esattamente il suo contrario. E può assumere varie forme, cui si danno denominazioni diverse. Ricordiamo le più comuni: l'angoscia di separazione, un’angoscia conscia in cui si teme di perdere l'oggetto di attaccamento; l'angoscia di castrazione, che consiste nella paura di ricevere un danno fisico, principalmente ai genitali, ma non solo, anche di tipo affettivo, relazionale; c’è poi un'angoscia morale conseguente alla trasgressione di quelli che consideriamo i nostri valori; e l'angoscia di annichilimento, in cui si teme di essere travolti catastroficamente o di essere invasi, distrutti dal contatto con un’altra persona; nell’angoscia di frammentazione si ha paura di disintegrarsi; nell'angoscia persecutoria, il timore profondo è quello di danneggiare le persone amate.

Come per le ansie, in alcuni contesti queste angosce possono essere normali, specie se episodiche, ma quando sono costanti o eccessive allora siamo già nella patologia.

Generalmente le donne sono più soggette a sviluppare un disturbo d'ansia rispetto agli uomini, questo potrebbe essere dovuto a fattori ormonali o espressioni culturali.

Ansie e angosce si trattano in genere con la psicoterapia psicoanalitica, con lo scopo di integrare le componenti affettive con quelle cognitive, ridurre eventuali somatizzazioni o agiti autodistruttivi, e cercando di capire le possibili origini anche per aiutare chi ne soffre a controllare e a prevenire sofferenze più gravi.


Secondo Freud il disturbo di ansia è connesso a quattro situazioni di pericolo di base: - la perdita di una persona significativa che causa sentimenti di abbandono, seguiti da rabbia, ansia, depressione e sensi di colpa;
- la perdita dell'amore sperimentata come rifiuto, anch'essa accompagnata da rabbia, ansia, depressione, sentimento di colpa e sensazione di essere di nessun valore, tanto da non poter essere amati;
- la perdita dell'integrità corporea per mutilazione o danno ai genitali;
- la perdita dell’approvazione da parte della propria coscienza morale con conseguenti pesanti sensi di colpa, vergogna e depressione.

Un’ulteriore paura è quella di perdere il controllo dei propri pensieri e movimenti.

Dal punto di vista cognitivo, ne possono conseguire distraibilità, confusione e difficoltà nel pensare in genere, con senso opprimente di disorganizzazione e confusione anche rispetto al proprio senso di identità e al proprio corpo, e paure specifiche di ogni tipo, con vissuti catastrofici e, oggi più che mai diffusa, anche sulla base di situazioni reali, la paura angosciosa di perdere la propria sicurezza economica oppure una persona significativa da cui dipendere.

Chi è preda di attacchi di panico, ha anche la paura di aver paura, e allora cerca, con le più disparate strategie, di evitare cose specifiche o situazioni temendo di avere un altro attacco di panico.

In concomitanza a queste manifestazioni psichiche, si possono manifestare, come si è visto, stati somatici sotto forma di tensioni, batticuore, senso di soffocamento, di annegamento, sensazione di stare per morire, sudorazione abbondante, disturbi gastrointestinali, sbalzi di pressione, tremori, urgenza di andare in bagno, sensazione di essere disconnessi dal proprio corpo e altre manifestazioni attraverso il linguaggio del corpo.

Infine, e non è l’aspetto meno doloroso, nelle relazioni interpersonali domina una grande paura di essere rifiutati e nello stesso tempo urge il desiderio di aggrapparsi a qualcuno per essere rassicurati, misto a sensi di colpa, autoaccuse e conflitti relativi alla dipendenza, in un altalenare tra avvicinarsi agli altri oppure allontanarsene.










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