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L'angolo dei colleghi e dei curiosi VI




A PROPOSITO DI RELATIVIZZAZIONE


Nel corso di un trattamento psicoterapico, come in ogni rapporto, si manifestano delle resistenze, cioè atteggiamenti, verbalizzazioni e azioni con cui il paziente si oppone al processo poichè avverte nuove esigenze e limitazioni che riattivano le tendenze conflittuali della prima infanzia, che egli si sforza strenuamente di evitare.

Tuttavia, è proprio la resistenza di traslazione (coazione a ripetere) a promuovere il processo analitico, poichè comprende e mette in luce tutto ci ò che del vissuto del passato fa il suo ingresso nel rapporto stesso, permettendone così la presa di coscienza, la elaborazione e quindi il superamento.

Quando il paziente, attraverso l' interpretazione, si rende conto della sintesi nevrotica che si era creata, nella relazione col suo terapeuta può finalmente riconoscere i propri bisogni, smettendo di avvicinarsi all'altro solamente con le proprie difese, come avvenuto fino a quel momento sia nella vita di tutti i giorni che nel rapporto analitico.

A questo punto il terapeuta ha la possibilità di iniziare a fare le interpretazioni di senso, interpretazioni ricostruttive, che nel processo analitico vengono per ultime dopo che il paziente ha avuto i suoi insight. Esse hanno il compito di mostrare i legami con le esperienze vissute. Solo così il potenziale energetico delle pulsioni dell' Es, sotto forma di emozionalità, finalmente si libera e ha accesso a tutte le attività del paziente. Di conseguenza, viene vivificato il rapporto transferale, perchè la coazione a ripetere viene eliminata con un reinvestimento che riconduce l'investimento affettivo dei processi di difesa all'avvenimento o al vissuto dell'infanzia che a suo tempo era stato decisivo nel provocare la nevrosi.

È esattamente a questo punto che nei vissuti del paziente ha luogo un processo concettuale di estrema importanza, la relativizzazione, che consiste essenzialmente nel riconoscere il carattere relativo di un'affermazione, di un concetto, di un fatto.

In un certo senso, questa relativizzazione si puòconfigurare come un meccanismo avverso a qualsiasi assolutizzazione, in difesa del senso di umanità stessa dell'uomo.

Non si tratta solo di una presa di coscienza o di rispetto della molteplicità culturale, ma anche di uno sforzo conoscitivo di ciò che è "altro da noi".

Già la Filosofia, a partire dai Sofisti, ci aveva mostrato che non esistono verità assolute e che gli individui sviluppano progressivamente diverse interpretazioni di uno stesso fenomeno. I linguaggi stessi, nella loro molteplicità, non si limitano a una difformità di suoni e di segni, ma esprimono una diversità di visioni del mondo. Si tratta di una vera ricchezza. Non vi sono quindi strutture mentali che siano universalmente comuni: la variabilità culturale è una costante dell'umanità. Ogni forma di vita associata è unica e diversa e questo è il concetto cardine del relativismo culturale, da cui è impossibile prescindere in campo antropologico.

Tornando alle interpretazioni ricostruttive durante la terapia, va sottolineato che ne consegue la relativizzazione dei sentimenti, che oltre a evitare il perpetuarsi di modelli di comportamento rigidi e immutabili, quali quelli che si manifestano nella coazione a ripetere, portano alla consapevolezza che nella traslazione vi sono per così dire corpi estranei, sotto forma di antiche manifestazioni affettive attualizzate.

Pertanto è proprio grazie anche alla relativizzazione che ci possono essere, durante il trattamento, delle evoluzioni, sicchè la persona può abbandonare certi meccanismi di difesa che sono diventati patologici e raggiungere nuovi equilibri con altri meccanismi di difesa che svolgono invece una funzione adattiva. Per questo è importante che il terapeuta continui a ragionare, mettendo al bando ogni rigida adesione a canali di pensiero o teorici fissi.

Volendo usare una terminologia freudiana, si potrebbe dire che bisogna tenere sempre presente la dicotomia tra processo primario e processo secondario: mentre nel primo infatti si manifesta l'emozionalità che costituisce la vitalità e tutto ciò che vi è di creativo nella vita, con la piena disponibilità emozionale, nel secondo avvengono prevalentemente ripetizioni e quindi coazione a ripetere. Inoltre, incombe una totale dittatura da parte delle istituzioni sociali e culturali, che preclude ulteriormente ogni possibilità di trovare e sperimentare il nuovo, in una mortifera stagnazione senza alcun reale progresso e con totale estraneità di una qualsivoglia possibilità di relativizzazione.








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