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L'angolo dei colleghi e dei curiosi VIII




THEODOR REIK
Un pensiero potente altamente originale


Theodor Reik (Vienna 1888-NewYork 1969), psicoanalista austriaco di grande valore, è noto soprattutto per la causa giudiziaria che lo vide coinvolto per un presunto esercizio abusivo della professione medica, dato che era laureato in filosofia; in sua difesa intervenne lo stesso Freud che, con lo scrittoIl problema dell'analisi condotta da non medici(1926) - divenuto ormai un classico sulla "psicoanalisi laica"- contribuì a scagionarlo, e a dimostrare la legittimità dell'utilizzo della psicoanalisi anche da parte dei non medici.
Freud esplicitamente gli consigliò di perseguire una carriera come ricercatore, e lo sostenne moralmente,intellettualmente,economicamente e politicamente come nessun altro dei suoi collaboratori. Avendolo molto a cuore, anni dopo gli raccomandò di non disperdere la sua energia intellettuale su troppi soggetti diversi.
Tuttavia, nonostante la grande fedeltà a Freud, Reik non esitòa metterne in discussione molte idee, sviluppando in tal modo prospettive innovative sulla tecnica psicoanalitica, la storia del popolo ebraico, l'economia mentale del masochismo, ed entrando in territori intellettuali che Freud aveva solo brevemente sfiorato o mai avvicinato, come la musica, la creazione artistica e l'inconscio dell'analista.

Fu docente all'Istituto Psicoanalitico di Berlino fino al 1934, quando emigrò in Olanda a seguito dell'avvento del nazismo in Germania,e in seguito negli Stati Uniti per sfuggire alle persecuzioni razziali e fu fondatore, nel 1948, della National Psychological Association for Psychoanalysis (NPAP) che ha accolto numerose persone respinte come tirocinanti, società scientifica che ancora oggi ha il compito di riunire e tutelare gli analisti non medici negli Stati Uniti.
Il nome di Reik è indissolubilmente legato ai dibattiti sociali e istituzionali riguardanti l'accettabilità delle analisi laiche che ha diviso la comunità psicoanalitica per la maggior parte del XX secolo.

Nel suo lavoro, Reik più di altri ha cercato di decriptare i fenomeni in cui ci si imbatte nel corso di un trattamento analitico, lasciandosi andare alle percezioni piuttosto che alle organizzazioni intellettuali dei discorsi.
Pertanto, si è sempre contrapposto all'ipotesi di una teoria della tecnica, ma si è molto occupato di questioni di tecnica, di modalità di teorizzazione, cioè di come dalla osservazione clinica si passa al livello della interpretazione e generalizzazione del dato osservato.

Il fatto che non abbia cercato di sistematizzare la psicoanalisi, come Fenichel (1945) aveva fatto nella Teoria psicoanalitica delle Nevrosi, ma abbia scelto di basarsi invece sul percorso tortuoso attraverso la propria mente, può aver reso più difficile per i suoi lettori delineare una teoria reikiana, anche se i suoi scritti sono estremamente utili per il lavoro e la sua scrittura è nel vero spirito di Freud. Reik non è mai stato un maestro nel senso convenzionale della parola. È stato un instancabile ricercatore dell'anima piuttosto che un espositore di idee.
Il suo stile è decisamente e volutamente non-lineare.Egli si muove tra disvelamento di sé, esposizione scientifica e critica letteraria, e l'intero processo è pilotato verso l'introspezione con grande franchezza e coraggio morale con cui ha divulgato il funzionamento della propria mente.

In tutte le sue opere principali,i temi piùimportanti sono sul sentimento di colpa, il crimine, il rituale, la punizione, la coazione a confessare e il masochismo. Inoltre, numerosi sono i contributi allo studio psicoanalitico dell'arte, della letteratura, della religione, del folklore e della mitologia, e importanti sono le pubblicazioni accademiche sulla teoria clinica della psicoanalisi e questioni relative alla tecnica psicoanalitica, come l'analisi della resistenza (1915/1924),le dinamiche dell'affetto(1916) e l'inconscio(1920).Durante il 1920, ha sviluppato con una lenta maturazione le sue idee sulla tecnica, pubblicando studi innovativi sul significato del silenzio (1927b) e della sorpresa (1929), idee decisamente originali, esplicitamente provocatorie e fondamentalmente non-conformiste.
In particolare, sostenendo che lo sviluppo del trattamento psicoanalitico può essere concepito come una serie di sorprese riguardo al paziente, Reik continuò ad affermare che l'analista stesso doveva sperimentare l'effetto delle sue interpretazioni come una sorpresa, in quanto, se voleva raggiungere l'inconscio dei suoi pazienti, era sostanzialmente costretto ad operare con il proprio inconscio.
Infatti Reik ha sottolineato che non vi è nessuna "strada maestra"predeterminata attraverso l'inconscio del paziente, il che implica che l'analista non puòche dirigere il trattamento riconoscendo ciò che gli viene dalla conoscenza del proprio inconscio.
Reik ha respinto la rigidità tecnica, senza compromettere il rigore clinico: non voleva che la sua tecnica analitica fosse descritta come puramente intuitiva, raccomandando di evitare ogni arbitrarietà,stravaganza e casualità.Come tale, ha ugualmente respinto la tecnica attiva basata sulle libere associazioni introdotta da Wilhelm Stekel (1938/1950), in quanto acritica, illogica e quasi para-psicologica.



La psicoanalisi è un "dialogo tra un inconscio e l'altro"

Uno psicoanalista, afferma Reik, dovrebbe avere il coraggio di non ascoltare la voce del ragionamento cosciente, ma essere pronto al riconoscimento di ciò che sorprende e che scopre nel proprio inconscio. Egli sapeva benissimo che questo tipo di auto-esplorazione non avrebbe potuto mai essere insegnato attraverso qualsivoglia tipo di struttura accademica, richiedendo un viaggio lungo e continuo di esperienze personali.In altre parole, si rese conto che la condizione necessaria per diventare uno psicoanalista non poteva essere soddisfatta mediante l'apprendimento dei trucchi del mestiere da parte di un maestro esperto, ma poteva essere soddisfatta solo sia attraverso l'esperienza personale della psicoanalisi, che tramite una costante autoanalisi.
Non ha mai perso occasione per sottolineare che sulla questione della "formazione dell'analista"le sue opinioni erano molto diverse da quelle di Freud. Dice:"Freud ha trovato le mie opinioni troppo esigenti e ha più rispetto di me per il valore dell'insegnamento. Ha ammesso, tuttavia, che le inclinazioni personali e il talento dell'individuo erano piùimportanti di quanto generalmente ammesso.... Ho risposto che tutte le istruzioni e analisi di controllo erano vane se offerte a individui che non avevano un innato dono e non possedevano quella particolare "sensibilità psichica".
Inoltre Reik ha sostenuto che l'analista deve essere dotato di coraggio morale per sperimentare lo shock del proprio inconscio e pensieri, e utilizzare queste sorprese a beneficio del processo analitico, ma anche che dovrebbe sviluppare un forte senso di indipendenza intellettuale.



Rapporti tra attenzione e sorpresa
La pazienza di saper attendere


Reik distingue 3 tipi di attenzione in relazione alla sorpresa:
l'attenzione volontaria, attiva, che porta su un contenuto ricercato, ma è un eliminatore di stimoli, esclude o inibisce tutti contenuti mentali diversi da quello che è precisamente delimitato; oscura tanto quanto mette in luce;
l'attenzione involontaria va su un contenuto che si impone;
l'attenzione fluttuante che si trova a metà strada tra la volontaria e l'involontaria, ha carattere di esplorazione, ma non permette di riconoscere in maniera cosìnetta e chiara quello che l'attenzione volontaria permette di vedere riguardo agli oggetti e ai loro rapporti.
Questi tre tipi di attenzione si pongono con risultati e modi diversi rispetto alla sorpresa, perchè mentre l'attenzione volontaria evita la sorpresa con questo controllo assoluto, quella liberamente fluttuante indebolisce la sorpresa, proprio perchèci sono troppe cose che vengono viste e quindi anche la cosa sorprendente insieme a tutte le altre. Invece l'attenzione involontaria è quella che prepara la sorpresa.

Reik fa un paragone tra il gioco del nascondino e l'analisi: nel gioco del nascondino una persona si nasconde e noi dobbiamo cercarla, nell'analisi è l'opposto, dobbiamo aspettare che la persona nascosta venga verso di noi. L'attenzione liberamente fluttuante, il faro che illumina tutte le cose, senza privilegiare niente di particolare viene a costituire una specie di deposito di sensazioni da cui al momento opportuno potremo cogliere le cose che ci interessano.
Reik raccomanda di lasciar lavorare le cose entro di sé, senza fretta e di non sopravanzare il paziente, ma di dargli input perché arrivi da sé ad una interpretazione di quanto sta venendo alla luce.
L'analista intanto guarda, raccoglie tutta questa serie di indizi, con grande pazienza, perchè non comprende subito di cosa si tratta, anzi spesso parte di quanto emerge gli sembra particolarmente oscuro. E allora deve aspettare perché si mettano insieme altri pezzi come pezzi di un puzzle da cui verrà fuori il significato esatto. Anche a questo proposito, come spesso fa, Reik ricorre ad una analogia e dice: Facciamo finta di essere in un paese straniero, non conosciamo la lingua, sentiamo una parola ma non sappiamo cosa significa; a casa nel dizionario troviamo tanti significati e allora aspettiamo con pazienza e finalmente un giorno avverrà che, sentendo la parola in un altro contesto, capiremo.








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